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Confcooperative Modena

Parmigiano Reggiano: decolla la produzione in montagna

Aumenta la produzione di Parmigiano Reggiano in montagna.

Secondo i dati del Consorzio, tra il 2016 e 2021 la produzione di forme di Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna è cresciuta del 12% rispetto al 2014.

Nello stesso periodo si registra una crescita anche della produzione di latte (+15%)..

Sta funzionando, quindi, la strategia di rilancio e valorizzazione studiata dal Consorzio per invertire una tendenza alla decrescita che aveva colpito il comparto fino al 2014.

Nonostante la dop possa vantare una biodiversità unica data dalla produzione di latte con quattro diverse razze bovine (di cui tre autoctone), una produzione da agricoltura biologica e quella di montagna, nel decennio 2000-2010 nei territori di montagna dell’area di produzione hanno chiuso una sessantina di caseifici, con una riduzione del 10% di produzione del latte.

Il deficit è stato azzerato dal 2014 a oggi grazie all’avvio del piano di regolazione offerta che, tra le altre misure, ha previsto sconti specifici per i produttori e caseifici ubicati in zone di montagna e il bacino “montagna” per le quote latte.

«La produzione nelle zone di montagna è da sempre una delle caratteristiche del Parmigiano Reggiano – afferma Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio –

Nella dorsale appenninica da Bologna a Parma, si realizza circa il 20% della produzione. Le aree di montagna da un lato soffrono di condizioni svantaggiose e maggiori costi di produzione, ma dall’altro la permanenza di una solida produzione agricola-zootecnica rappresenta un pilastro economico e sociale di interesse per tutta la comunità locale.

Ecco perché sono fondamentali gli interventi messi in campo dal Consorzio per la diffusione e valorizzazione del Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna».

Il Parmigiano Reggiano, infatti, continua a essere il più importante prodotto dop ottenuto in montagna: basti pensare che nel 2021 oltre il 20% della produzione totale (circa 850 mila forme) si è concentrato negli 87 caseifici di montagna sparsi tra le province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Sono 915 gli allevatori coinvolti, per una produzione annuale di 4,35 milioni di quintali di latte. È un’attività preziosa dal punto di vista sociale per mantenere attiva la dorsale appenninica grazie al lavoro nelle foraggere e in caseificio.

Altro segnale positivo è rappresentato dai cambiamenti generazionali all’interno dei caseifici. L’età media dei produttori si va abbassando dai 57 anni di media ai 30-40 di oggi, a dimostrazione che i giovani pongono fiducia nel Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna e nel futuro della produzione.

«Adesso puntiamo a sostenere il valore aggiunto del formaggio prodotto in montagna e il suo consolidamento commerciale – dichiara Guglielmo Garagnani, vicepresidente del Consorzio – Sono obiettivi da raggiungere grazie al “Progetto Territorio Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna” che definisce, oltre a quanto già previsto dai regolamenti comunitari legati all’origine, una valutazione di qualità aggiuntiva da effettuarsi al 24 esimo mese di stagionatura».

«Per la Regione Emilia-Romagna il sostegno al nostro Appennino e alle aree interne è prioritario: si tratta di una scelta politica chiara, che perseguiamo ogni giorno – aggiunge Alessio Mammi, assessore regionale all’Agricoltura – Il valore che si genera in montagna, si diffonde in tutto il territorio, con benefici sociali, economici e ambientali, sulla qualità delle produzioni e la biodiversità.

Il Parmigiano di Montagna, il sostegno alla filiera lattiero-casearia, agli allevamenti e aziende agricole sono capisaldi economici da sostenere e promuovere, per garantire reddito alle imprese e lavoro sul territorio.

Nel settennio 2014- 2022 sono stati concessi alle imprese agricole e agroalimentari tramite il programma di sviluppo rurale contributi per 1 miliardo e 380 milioni di euro. Di questi, il 42% delle risorse localizzabili sono andate ai territori di montagna. Lo stesso faremo con la nuova programmazione 2023-2027, tramite misure rivolte direttamente ai territori montani e il riconoscimento di criteri prioritari nei bandi».