Welfare, le cooperative sociali alla Regione: «Urge adeguamento tariffario»
Le cooperative sociali che gestiscono il welfare in Emilia-Romagna rischiano di chiudere il 2022 con un disavanzo complessivo di 74 milioni di euro, ma la cifra sarebbe stata di 94 milioni se la Regione non avesse erogato un contributo straordinario.
Le ragioni sono state spiegate ieri a Bologna in una conferenza stampa convocata da Agci Imprese Sociali, Confcooperative Federsolidarietà e Legacoopsociali Emilia-Romagna.
Grazie al fondo per la non autosufficienza, la Regione ha garantito dal 2009 le attività di 800 servizi diurni, residenziali e domiciliari rivolti a persone non autosufficienti, servizi per il 70% gestiti da enti del Terzo settore, in particolare cooperative sociali che hanno quasi 23.500 utenti.
«L’amministrazione condivisa di questi servizi pubblici – hanno detto le centrali cooperative regionali – è stata regolata da un sistema tariffario che ha permesso ai diversi gestori, con impegno e dedizione, di mantenere sempre aperti i servizi anche durante la pandemia, pagando un prezzo altissimo pur di garantire la continuità. Essa ora è messa in discussione da un aumento dei costi delle materie prime, energetici e del personale, peraltro sempre più difficile da trovare. In pratica sono aumentati tutti i costi di gestione».
A fronte di un costo complessivo di circa 120 euro pro capite per una giornata in Cra (Casa residenza anziani), le cooperative sociali emiliano-romagnole ricevono oggi 109 euro. Per questo le cooperative che gestiscono servizi in accreditamento chiudono in perdita da anni.
«Pur non soddisfacendo le richieste che avevamo presentato, – hanno aggiunto Agci Imprese Sociali, Confcooperative Federsolidarietà e Legacoopsociali – il modesto adeguamento delle tariffe stabilito nei mesi passati ha fornito un po’ di ossigeno.
Tuttavia esso è purtroppo insufficiente per coprire le perdite di bilancio che la quasi totalità delle cooperative dovrà far approvare dalle ormai prossime assemblee dei soci».
Il percorso di riforma dell’accreditamento appena avviato rappresenta una profonda revisione del sistema, come anche la semplificazione delle procedure amministrative e di rendicontazione.
«Siamo certi che il risultato di tale lavoro produrrà anche risparmi di costi e un aggiornamento ai nuovi bisogni sociali dei cittadini – aggiungono le tre centrali –
Non possiamo però attendere l’esito dei lavori e ci aspettiamo dalla Regione un urgente adeguamento tariffario che permetta ai gestori di chiudere i bilanci 2023 mantenendo aperti i servizi».
Inoltre la Regione Emilia-Romagna, grazie al fondo sanitario, ha garantito i servizi di salute mentale: residenze psichiatriche a trattamento riabilitativo in accreditamento regionale, comunità-alloggio e gruppi appartamento in convenzione con le Asl. Questi servizi sono gestiti per la maggior parte da enti del Terzo settore, in particolare cooperative sociali.
Il sistema di regolazione delle tariffe è normato per i servizi in accreditamento dalla Regione, per quelli in convenzione da gare indette dalle Aziende sanitarie locali.
«Aggiungiamo che anche i costi espressamente sanitari non vengono minimamente coperti. Chiediamo, pertanto, con urgenza, anche nel caso dei servizi di salute mentale – concludono i rappresentanti di Agci Imprese Sociali, Confcooperative Federsolidarietà e Legacoopsociali Emilia-Romagna – l’adeguamento delle tariffe che riguardano i costi dei servizi sanitari, come anche del lavoro delle figure sanitarie e riabilitative (tariffe ferme dal 2013), i cui livelli economici attuali rendono i servizi insostenibili».